mercoledì 16 gennaio 2013

DUBBI SULLE VECCHIE RICETTE

Oltre alla genuinità delle ricette culinarie ante litteram, gli appassionati richiedono informazioni sui dosaggi, ignorando che un tempo non era prassi includerle nella narratio. Mancavano erudizione ed istruzione per comprendere i pochi vademecum circolanti – anche gastronomici.

Nei fatti, la letteratura era spiccia e i libri rari. In pochi sapevano leggere e scrivere, e così dettagli e altri minuziosi particolari descrittivi non eran contemplati. Non si può affermare con matematica certezza che alcune ricette siano originali, bensì di epoche più vicine alla nostra.

Tra i piatti medievali "topici" ci sono i famosi pasticci. Attenzione, poiché i maestri dei fuochi del periodo per pasticcio non intendevano quello di lasagne. I medesimi erano saporiti e corroboranti, detenendo come ingrediente principale la carne di cacciagione o di pollame. Queste erano considerate le più squisite e pregiate.

Piccioni, pernici, oche, polli e quaglie erano gli elementi basilari dei pasticci medievali. Oltre alla carne, nella pietanza citata, non mancava il pane – indispensabile alla realizzazione del composto. Quindi, per completare il tutto, si adoperava del brodo, differente da quello odierno. Era ristretto, poco schiumato, talvolta torvo, poiché bolliva a fiamma viva. Già, tutte le brodaglie albergavano in generose marmitte a contatto con il fuoco, e il risultato finale (specie estetico) è ben immaginabile. Tornando al pasticcio era così approntato: uno strato di carne tagliata a tocchi cotti (anzi, stracotti) nello strutto, fette di pane inzuppate di brodo, uova sbattute (talvolta solo il tuorlo), erbe aromatiche come la santoreggia (satureja) o la menta, foglie di salvia in abbondanza, gherigli di noci e sale. Più strati in questo modo, e per finire ancora il pane che "sigillava" la preparazione.

Chi se lo poteva permettere tra uno strato e l'altro aggiungeva qualche mandorla, un lusso culinario dell'epoca. Talvolta, s'impiegavano anche le spezie, non certo per celare i cattivi odori – come reclamerebbe la tradizione popolare. Le spezie esaltavano il gusto del manicaretto, e senz'altro lo miglioravano. Il pasticcio di carne, una volta imbastito, veniva infornato sino a cottura ultimata. Ciò si poteva evincere dal colore del pane, che doveva esser ambrato, quasi bronzeo.
Il pasticcio era servito caldo: nelle mense patrizie decorato con piumaggi, erbe e fiori d'ogni colore e foggia.

Nei convivi più umili questo ed altri cibi erano privi di orpelli estetici. Un aspetto curioso riguarda l'abbinamento: vino e birra non scarseggiavano, nondimeno con il pasticcio pare si servisse una scodella di brodo che aiutava la difficile digestione. Va da sé che tutto ciò rappresenta una delle tante interpretazioni evocabili. La storia, oltre ad essere affascinante, suscita il beneficio del dubbio, e ciò la rende ancor più affascinante...

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